S. Marcellino prete e martire Patrono di Lausdomini
Vita | Persecuzione | Elogio | Passio &Artemio | Morte |
La Passio invece, cioè la narrazione degli Atti del Martirio è dovuta ad un compilatore del VI secolo che deve aver lavorato basandosi sull’epigrafe damasiana e su altre tradizioni orali. E purtroppo la tarda redazione, avvolta in un alone di prodigio, è commista ad una intricata e drammatica vicenda di conversioni e di martiri intrecciati a quello dei Santi titolari. Ma non è priva di una ingenua poesia che cercherò di rendere nella mia narrazione.
Fra i tanti imprigionati a Roma, era stato deferito al prefetto di Roma, Sereno, anche il giovane esorcista Pietro, noto per la sua dignità e lo spirito polemico con cui difendeva la sua fede e combatteva gli avversari. Naturalmente, aveva confessato il Cristianesimo, negando di sacrificare agli dei, e quindi battuto con le verghe, era stato rinchiuso semivivo in carcere.
Ma la cattura non era assoluta: i prigionieri erano consegnati ad un custode, responsabile di coloro che gli erano affidati e che egli doveva ad un dato momento ricondurre al giudice per la discussione del processo: per il resto essi erano liberi di essere visitati, uscire dalla prigione, confortare i correligionari, proseguire le opere del loro apostolato, e ne approfittavano liberamente.
Colla sua serenità, Pietro eccitava la curiosità del carceriere Artemio angosciato per la strana malattia dell’unica figlia Paolina, ossessa, tormentata da cupa malinconia e oppressa da pianti laceranti. Il buon uomo paragonava la serenità del prigioniero, che egli sapeva votato a morte sicura, con la tristezza della sua creatura, e, non sapendo rendersene conto, gliene chiese una volta la ragione, confidandogli insieme le sue ansie di padre. E l’esorcista con calma : “ Credi nell’unigenito figlio di Dio, Gesù Cristo, e la tua figliola sarà salva”.
Nuovi dubbi di Artemio, a cui si affacciava l’obbiezione di tutti gli scettici, di fronte alla sofferenza gioiosa del credente: “ Se il tuo Dio non sa liberare te che credi in lui, come potrà guarire al primo atto di fede, la mia figliuola ?”; ed ecco pronta la risposta del fedele: “ Il mio Dio sarebbe tanto potente da liberarmi da questo e da qualunque altro tormento, ma non lo fa, per non togliermi la gloria del martirio, e il premio della vita eterna”.
Da questo dialogo alla guarigione di Paolina, e alla conversione di Artemio e della moglie Candida, il passo è breve. Gli atti parlano anche della prova a cui Pietro si sarebbe sottoposto spontaneamente per indurre il carceriere a credere : farsi stringere con dure ritorte, e chiudere solo nel carcere, per poi riuscire a sciogliersi e a trovare la strada per giungere, nel cuore della notte, alla casa del buon custode per guarirne la figlia, ma soprattutto per portare la luce della fede all’incredulo.
La fama del prodigio e della conversione si diffuse, e moltissimi chiesero il battesimo, ma Pietro non poteva amministrarlo, e allora egli stesso andò in cerca del prete Marcellino, forse il sacerdote anziano della chiesa alla cui regione ecclesiastica apparteneva. Fin dal III secolo infatti la gerarchia ecclesiastica era regolarmente organizzata nella città eterna che era divisa in varie regioni e titoli, nei quali si amministravano i sacramenti.
Quantunque in tempo di persecuzione, i sacerdoti vivessero per lo più nascosti. Marcellino non esitò, e si recò alle carceri, ove lo stesso Artemio si era fatto un alacre banditore di proselitismo: era l’età ricca di fervore, in cui, anche accanto a qualche defezione dolorosa, gli eroismi, ravvivati, anziché smorzati dalle persecuzioni, erano frequenti.
Proprio in quel momento il prefetto della città si era ammalato, e la persecuzione si era illanguidita; quindi Marcellino e Pietro ne approfittavano largamente. Ma la sosta fu breve. I processi ripresero; e, saputo l’accaduto, il magistrato ordinò che Artemio e i prigionieri affidatigli, gli fossero condotti il giorno seguente.
“Al canto del gallo” dicono gli Atti, che si sentono pervasi nella loro ingenua redazione, da una fresca vena di poesia, l’aula del pretorio fu affollata da Artemio, dai suoi prigionieri, e dai novelli convertiti.
Invano il giudice tenta di adescare gli accusati colla solita lusinga: sacrificate agli dei e sarete prosciolti dalla colpa. Non solo Marcellino rifiuta di bruciare i piccoli grani d’incenso di fronte alla statua dell’imperatore, ma obbietta che proprio chi crede in Gesù Cristo è prosciolto da ogni colpa. Allora la legge romana esplica i suoi rigori : Marcellino e Pietro sono percossi, anzi il sacerdote sarà rinchiuso nudo in un carcere oscuro, il cui pavimento sarà cosparso di vetri tagliuzzati. Il contegno dei due mostra, pur nella comune gloria del martirio, il loro carattere diverso : mentre Marcellino tace, il giovane e impetuoso Pietro prorompe contro il giudice, minacciandogli le pene eterne.
Ma a che vale? Rinchiusi in una prigione più terribile, separati da Artemio, diventato già confessore di Cristo, i due martiri avanzavano verso il supplizio.
Qui gli Atti insistono sulla narrazione dei prodigi, e basta rammentare che Marcellino e Pietro battezzano, predicano, confessano ancora per qualche giorno la loro fede, ma, dopo che anche il carceriere e la sua famiglia sono stati processati e lapidati sulla Via Aurelia, Sereno ordina che i due siano condotti di notte nella “silva nigra” cosi detta per l’intrico del suo fogliame, sulla via di Porto, “ne tumulum quisquam cognoscere posset” dice l’iscrizione damasiana. Tanto la stringente dialettica di Pietro e la calma veneranda di Marcellino esercitavano un vivo influsso sulle turbe!
Gallery
Statistiche
- Visite agli articoli
- 607519
Chi ci visita?
Abbiamo 22 visitatori e nessun utente online