11 aprile 2021 – 2a di Pasqua
At 4,32-35 / 1Gv 5,1-6 / Gv 20,19-31
Mio Signore e mio Dio! (Gv 20,28)
Il tema che collega le letture di oggi ci conduce al cuore del nostro essere Chiesa: credere e testimoniare. Sono due esperienze legate in modo indissolubile: la fede si rende testimonianza e la testimonianza conduce la fede a profondità inattese.
Il vangelo odierno ci presenta una comunità chiusa per paura. Sembra strano che, dopo il ritorno di Pietro e del discepolo che ha “visto e creduto” e soprattutto dopo l’annuncio gioioso di Maria, le porte continuassero ad essere sbarrate per timore dei Giudei. A dirci che la comunità vive ancora nella notte della paura e del dubbio, nella notte dell’assenza di Gesù. Il vangelo però ci racconta che, proprio in questa realtà, il Risorto si rende presente. Gesù incontra i discepoli dove sono, appare nel loro buio, si introduce nella loro paura.
Uno di loro tuttavia è assente e al racconto, alla testimonianza degli amici non crede. In fondo è una comunità che sperimenta da subito la difficoltà della missione appena ricevuta. Tommaso non aveva creduto all’annuncio di Maria di Magdala e non crede alla testimonianza della comunità. Esige una prova tangibile. “Otto giorni dopo”, Gesù entra e nuovamente dona la sua pace. Subito raggiunge Tommaso dove si trova, accettando il suo bisogno di toccare, di avere prove tangibili. Nello stesso tempo lo esorta a percorrere un cammino di conversione da non credente a credente.
Non sappiamo che cosa accade nel cuore di Tommaso. Sappiamo però che, penetrato dallo sguardo del Crocifisso-Risorto, rivelato a lui e interpellato dalla sua Parola, anche Tommaso “vede” e proclama la sua fede con una delle espressioni più belle e profonde del Vangelo: “mio Signore e mio Dio” (v 28).
Anche noi possiamo credere nel Risorto accogliendo il Crocifisso, affidando a Gesù la nostra esistenza e prevedendo di “perderla” per amore.
PREPARARSI A… VIVERE
Quando il medico mi annunciò che ormai non c’era più niente da fare, fu come se si chiudesse ogni fonte di luce e restassi al buio. Tornando verso casa presi la strada della chiesa. Lì sostai in silenzio, mentre i pensieri mi turbinavano nella testa. Poi, come una voce, si formò nella mente un pensiero: “Non devi prepararti alla morte, ma alla vita!”.
Da quel momento provai a fare ogni cosa bene, ad essere gentile con tutti, senza farmi distrarre dal mio dolore ma pronto ad accoglier gli altri. Iniziarono giorni pieni.
Non so quanto tempo mi resta, ma l’annuncio della morte è stato come svegliarmi da un sonno. E sto vivendo con insperata serenità.
J.P. - Slovacchia
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