Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!
Le letture di oggi parlano di legge e di tempio. Tutti e due sono doni dell’amore di Dio, che ci educano alla relazione con Lui, con se stessi, con l’altro e con la creazione. Tuttavia entrambi possono trasformarsi in maschere capaci di nascondere falsità e ipocrisia, sotto apparenze di pietà e obbedienza.
Il vangelo ci racconta l’espulsione da parte di Gesù dei mercanti dal tempio. Il racconto inizia dando un contesto di spazio e di tempo: l’avvicinarsi della Pasqua e la decisione di Gesù di compiere il pellegrinaggio alla città santa. Il racconto è molto vivace: ha un ritmo incalzante, dato dalla sequenza dei verbi: salire, trovare, scacciare fuori, versare, rovesciare. Gesù compie un’azione che sembra violenta. Cosa vuole dirci? Come ad ogni azione simbolica, al gesto seguono parole interpretative: “… non fate della casa del Padre mio un mercato!”
Osserviamo il cambiamento di vocabolario: da “tempio” a “casa”. Questo ci può guidare a comprendere: per Gesù e la sua comunità il tempio non è una costruzione dove il popolo di raduna per onorare Dio, ma è lo spazio in mezzo agli uomini dove Dio vive, lo spazio in cui la comunità ritrova la propria identità stringendosi attorno a lui. C’era il pericolo, e Gesù lo coglie, che il tempio non fosse più il luogo in cui la creatura poteva dialogare con Dio, ma dove poteva “possederlo”.
L’incontro con Dio non è un “diritto”, ma un dono. E noi, come comunità cristiana, possiamo fare la nostra parte per poter godere di questo dono. Ce l’ha suggerita Gesù stesso: “dove sono due o tre riuniti nel mio nome (che significa nel mio amore), io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Che bello: l’amore reciproco, le relazioni fraterne diventano la “casa” di una Presenza!
SPIRITUALITÀ DI COMUNIONE IN PARROCCHIA
Circa 10 anni fa, per l’insistenza del parroco, mi sono trovato a rivestire i panni di “moderatore” nel Consiglio Pastorale Parrocchiale (CPP) della mia comunità. Ciò in una situazione di grande conflittualità nella comunità, causa problemi sociali devastanti che creavano divisioni, anche con violente manifestazioni di piazza ed annessi problemi di ordine pubblico e giuridici. Da oltre un anno il CPP era bloccato dalle opposte fazioni ed ogni incontro finiva con animi divisi ed esasperati e senza produrre decisioni. Il parroco venne ad insistere più volte a casa per avere il mio assenso anche perché, argomentava, sei del Movimento dei Focolari quindi un esperto di unità.
Alla prima riunione ho proposto che la spiritualità di comunione come enunciata dal Papa al capitolo 43 nella “Novo Millennio Ineunte” diventasse la nostra linea guida. Ho “imposto” subito la metodologia che usiamo nei nostri incontri… quindi inizio con 10 minuti di meditazione e poi per mezz’ora di comunione di anima e di esperienze.
La partenza è stata positiva e grande armonia ci accomunò tutti da subito all’interno del Consiglio Pastorale anche perché c’erano degli abbonati a Città Nuova che avevo coltivato negli anni. Inevitabilmente però arrivò in CPP una tensione esterna molto forte da dirimere. I due Comitati venuti in contrasto per problemi paesani minacciavano rispettivamente le dimissioni in blocco se nelle decisioni avessimo scelto una delle parti. Nella riunione decisiva mi venne in soccorso che “dove due o tre sono riuniti nel mio Nome” (Mt. 18, 20) ci sarebbe stata la Sua “presenza”, e sviluppai la meditazione e la successiva comunione d’anima su questa realtà. Quindi chiesi a tutti di “non giudicare” le percentuali di torto o ragione che ci erano sottoposte, ma di fare un passo avanti nella carità reciproca anche ai rappresentanti dei due comitati contendenti. Con gioia fu fatto il passo in avanti da parte di tutti e così compatti tra noi, nell’assemblea plenaria di paese fu ratificato che la carità reciproca non la “ragione” doveva prevalere. Con qualche isolato mugugno ma con buona pace di tutti si superò la prova.
In un’altra circostanza avevo trovato il finanziamento in Comune per commissionare in Val Gardena una statua di santa Lucia con cui abbellire la chiesa antica in memoria di un assessore scomparso da poco in paese in forma tragica. Eravamo dodici. Dieci erano favorevoli alla mia proposta, uno invece diceva che la cosa anziché unire il paese, per il finanziamento comunale, avrebbe potuto innescare nuove tensioni nella comunità. Il dibattito lo portò a esprimere astensione, ma sentivo che le sue ragioni erano dettate da sincero amore per la comunità, per cui avvertii che “l’amore reciproco che genera la presenza di Gesù” chiedeva di soprassedere riguardo al progetto della statua. Qualcuno borbottando, ma tutti accettarono l’accantonamento del progetto. Rinunciando io per primo avevo dato il segnale che la carità reciproca era più importante dell’affare e ciò ebbe ricadute positive. Infatti, in seguito ogni decisione veniva presa in armonia, perché la diversità non veniva più vista come ostacolo, ma come opportunità di crescita. Dopo tre anni un altro benefattore donò la statua, collocata tra la gioia di tutti e la mia personale commozione.
Alla scadenza naturale del Consiglio Pastorale dissi la mia intenzione di dedicarmi ad altro e di non essere disponibile per un reincarico. Ci fu una forte presa di posizione da parte di tutti perché dicevano che la metodologia che avevo portato doveva essere garantita anche nel nuovo organismo che sarebbe stato eletto. Tuttora sono moderatore del Consiglio Pastorale che continua a lavorare mensilmente in piena armonia e con unità di intenti a gloria di Dio e per la gioia del Parroco.
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