22 marzo 2020 - 4ª Quaresima
1Samuele 16,1b.4a.6-7.10-13 / Efesini 5,8-14 / Giovanni 9,1-41
Sono la luce del mondo (Gv 9,5)
L’invito alla gioia caratterizza questa domenica di metà Quaresima. E giustamente il cristiano può gioire perché il suo cammino verso la Pasqua è cammino di luce. Il tema della luce, quale dono di Dio attraverso Gesù, è oggi proposto dal racconto evangelico della guarigione di un uomo cieco dalla nascita. Il suo progredire nella conoscenza di Gesù è anche il suo crescere nella fede.
All’inizio quell’incontro suscita, com’era modo comune di pensare, una domanda: chi ha peccato per causare quella sofferenza fisica? Gesù aiuta l’uditorio a non fermarsi ad un eventuale peccato commesso nel passato, ma orienta la sguardo a quelle “opere di Dio” che aprono al futuro.
La sofferenza di un uomo diventa una provocazione all’agire. Di questo operare Gesù mette in evidenza anche il fatto che è urgente, e che occorre agire finché c’è giorno. E chi fa la differenza tra notte e giorno è la sua presenza: è Lui che rende “giorno” una situazione, perché è Lui la luce del mondo. Colui che cammina nelle tenebre è un cieco. Per passare alla luce è necessario riconoscere Gesù come guida. E allora la fede è uno sguardo nuovo gettato sulla realtà e su noi stessi. Per uscire dalla “cecità” (= non fede) è necessario prostrarsi, come ha fatto quell’uomo, davanti a Gesù. E la sua Parola diventa un lievito buono nella nostra lotta contro le tenebre, è il chiarore che trasforma ogni nostra azione. Accogliamo in questa settimana la parola che il Signore ci rivolge, mettiamola in pratica e chiediamo a Gesù che apra i nostri occhi e ci doni la possibilità di vedere con i suoi.
UNO SGUARDO NUOVO
In questi mesi una mia collega di lavoro si era impegnata tanto.
In queste ultime settimane, invece di sentire riconosciuto quello che aveva fatto, si è sentita messa da parte.
Per lei è stato uno sconquasso ed un crollo di tante aspettative.
Si è presa qualche giorno di ferie per riprendersi e dedicarsi alla famiglia, perché ha tre figli ancora piccoli.
Ora è tornata più rasserenata ed è successo questo piccolo miracolo.
Me lo diceva così: “È il Signore che ha permesso questo, per farmi capire che trascuravo la famiglia e mi tuffavo nel lavoro. Ora posso rinunciare a qualcosa per dedicarmi di più alla famiglia, al matrimonio cristiano che avevo scelto”.
E mi confermava: “È il Signore che ha permesso questo”.
Ho sentito una grande affinità nel riscegliere Gesù nel sacramento del matrimonio di questa mia collega e rimettere Gesù a fondamento della nostra vita.
A. C.
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