1 gennaio 2019 - MARIA MADRE DI DIO
Numeri 6,22-27 / Galati 4,4-7 / Luca 2,16-21

I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino (Lc 2,16)

 

Il vangelo di questa prima festa dell’anno ci presenta i pastori che vanno “senza indugio”. Hanno ascoltato l’annuncio degli angeli e si mettono in cammino; non restano immobili, perché la vita stessa è cammino. E il loro cammino è ricerca. Non è un vagare qua e là, a caso; ha una meta. E arrivano. Essi trovano: una famiglia con un bambino. “Trovarono Maria e Giuseppe e il bambino”. Quando arrivano, raccontano quello che a loro era accaduto. Chi ascolta è meravigliato, è stupito. L’incontro con il divino, presente nella nostra storia, è sempre un incontro che affascina e che cambia.
Dopo l’annuncio dato ai pastori, gli angeli si erano allontanati. A dirci che la rivelazione è grazia; che l’intuizione della verità è grazia di un attimo. Ma quell’attimo ti mette in cammino. I pastori che vanno a Betlemme sono gli uomini che cercano, a tutti i livelli e in tutte le direzioni dell’esperienza umana. “Andarono…. e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia”. Tutto avviene semplicemente, come era stato detto. C’è una condizione fondamentale per accogliere l’annuncio. Luca la mette in particolare rilievo: la povertà. Dio si manifesta ai poveri. Poveri di spirito, poveri di sé. Solo l’umiltà permette di cogliere, almeno in piccola parte, qualche percezione della vita nuova che nasce con Gesù.
Abbiamo celebrato il Natale. Oggi cominciamo un nuovo anno. Lo iniziamo nel segno della benedizione. Gesù, quel bambino nato in mezzo a noi, e che noi in queste feste abbiamo trovato, è il volto della benedizione di Dio. Se lo accogliamo come i pastori saremo nella pace, che è guarigione, forza e sostegno.

LA PACE INIZIA CON I VICINI

L’idea di trovarci insieme nel cortile delle due palazzine del condominio per un momento di preghiera per la pace ci è venuta per il susseguirsi di fatti terroristici. Il passaparola si è rapidamente diffuso fra i diversi inquilini. Si sono messe insieme spontaneamente le proposte: una ragazza ha suggerito di piantare un ulivo. Alcune famiglie che non avrebbero potuto esserci quella sera, hanno voluto fare un gesto di presenza: una ha comprato una bella pianta di ulivo, un’altra ha acquistato il vaso e la terra e un’altra si è resa disponibile per il trapianto. Anche Papa Francesco aveva piantato un albero a Nairobi spiegando che “piantare un ulivo ci provoca a continuare ad avere fiducia, a sperare, e soprattutto a impegnarci concretamente a trasformare tutte le ingiustizie e il degrado che oggi soffriamo”.
Il nostro cortile, quella sera, è diventato un luogo di comunione. Oltre all’ulivo un cesto raccoglieva numerose candeline accese che predisponevano alla preghiera. Un inquilino ha animato con la sua chitarra alcuni canti. Noi abbiamo letto un pensiero del patriarca Atenagoras. “Bisogna fare la guerra più dura che è la guerra contro noi stessi”. Ne è seguita una comunione-preghiera spontanea: quella di una madre che raccomandava a Dio tutti i giovani che sono sotto le armi “perché tutti è possano tornare alle loro case”; quella di un uomo maturo che manifestava il desiderio di diventare il condominio una vera comunità; quella di una giovane signora che apriva il suo cuore attraverso un testo profondo e poetico scritto da lei.
Un momento all’insegna della semplicità: con gli inquilini delle nostre due palazzine ci siamo fermati, guardati, salutati con calore, parlati con calma. Ci vuole poco, basta dare spazio a un’idea e condividerla, perché diventi un’iniziativa di pace. Tutti vogliono creare altre occasioni per fermarci insieme: stiamo pensando di festeggiare il 98° compleanno dell’inquilina veterano del nostro palazzo.
Roma (da Città Nuova)

· Commenti a cura di Giovanni Castegnaro

 

 

 

 

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